Blog Tour Mai e Sempre di Bruno Sebastiani – Analisi dei personaggi

Emil Koldau è il personaggio principale di questo romanzo storico. Un giovane uomo che all’inizio della narrazione ha 26 anni e che dopo poche pagine lo troviamo appena nato nel suo paesino natale Moritzbourg, paesino tedesco noto per il castello barocco. Figlio di Heinrich e Agathe, due sorelle: Karla e Gerdi. Una famiglia normale, semplice, che vive in campagna. Anni ’80.

A poco più di tre anni Emil perde il padre, ucciso da quattro proiettili. Un omicidio all’apparenza inspiegabile. Omicidio che rimane un caso irrisolto per molti anni, a causa della natura dei proiettili in dotazione all’esercito di confine.

[…] non tutte le cose sopportano la luce della ragione, vi sono alcune cose avvolte nel mistero, ed è bene che vi rimangano.

Prima di caratterizzare il protagonista principale vorrei, però, fare un passo indietro e parlare del padre del ragazzo: un uomo che lavora sodo per mantenere la famiglia, ma che ha anche il vizio del bere. Trascorre molte serate insieme agli amici a scolare bottiglie di vino e birra, tuttavia è un uomo buono, perché nonostante torni a casa spesso a tarda notte e ubriaco non ha mai alzato le mani su sua moglie e suoi figli. Anzi, ha un amore puro e grande per l’ultimo arrivato, Emil, e non passa notte se prima non gli dà un bacio e una carezza. Un padre che Emil ammira, il suo grande eroe. Ed è per questo che quando all’improvviso scompare e poi si scopre che è stato ucciso il bambino si chiude a riccio, parla pochissimo e passa le sue giornate a giocare con le oche, anche solo a osservarle.

E mentre la signora Agathe e il sergente della Volkspolizei la tiravano in lungo confidandosi le loro opinioni sul morto e facendo le loro supposizioni sul movente, il piccolo Emil, in ginocchio sul sedile della vettura parcheggiata sul ciglio della strada, oltre a stare buono e aspettare come gli aveva detto sua madre, guardava fuori e vedeva suo padre disteso sulla riva sassosa. Non provava alcuna emozione, guardava attraverso il vetro del finestrino ed era come guardare una storia in televisione. La sola cosa che gli dava da pensare era che in quella storia nessuno si chinasse per aiutare suo padre a rialzarsi, nessuno gli si faceva vicino, nessuno gli diceva niente. Nemmeno suo padre, disteso sulla riva, diceva niente, se non altro per giustificarsi d’essere rimasto così a lungo lontano da casa. Emil capiva perfettamente che nella storia che vedeva in televisione suo padre era morto, però stava là e nessuno gli prestava attenzione: a quel punto poteva anche smetterla di fare il morto, la cosa gli era riuscita ed Emil non capiva che gusto ci fosse a tirarla tanto per le lunghe.

Heinrich è un uomo che ha vissuto la seconda guerra mondiale quando aveva dodici anni, troppo piccolo per andare in guerra, ma grande abbastanza per seguire quello che succedeva attorno. E’ a questo punto che l’autore ci narra la storia di una scoperta: Heinrich e quattro amici assistono a un bombardamento di un convoglio militare, e un cassone di un camion viene catapultato su un lago ghiacciato; i cinque, che si identificano come i moschettieri, scoprono che dentro il cassone è contenuta una cassa, decidono di prenderla e nasconderla.

Heinrich Koldau e i suoi quattro amici stavano sempre insieme, perché le necessità di uno erano le necessità di tutti. E quando qualcuno trovava qualcosa, già sapeva in anticipo che avrebbe dovuto dividerla in cinque parti. La cosa poteva andare bene quando si trovava una mela o qualcosa di simile, dividerla in cinque parti non era cosa eccessivamente complicata. Andava bene anche se si trattava di un tozzo di formaggio indurito tanto da sembrare legno. Non andava più bene quando uno di loro trovava un uovo di quaglia o di colombaccio: con tutta la buona volontà era impossibile farne cinque parti. In quel caso la regola veniva disattesa, ma il patto restava valido lo stesso, tutti per uno e uno per tutti, come i mitici moschettieri. […]  rinvennero una cassa piuttosto strana: lunga e leggera, se avesse contenuto un cadavere avrebbe potuto essere solo quello di un bambino. Facendo leva coi loro temperini riuscirono a scardinare il coperchio e si trovarono a guardare della roba che in principio parve loro altro ciarpame, tanto che parve loro strano che l’avessero rinchiuso in una cassa. Guardando meglio però, capirono che quella roba, già per il fatto ch’era stata incartata con cura, doveva avere un valore. Non era roba da mangiare e nemmeno da bere: erano quadri, anzi, erano tele, una decina di tele senza cornice, incartate separatamente e con tanto di numero identificativo su ciascuna, numero che era riportato anche su una lista conservata a parte.

La storia di Heinrich si conclude qui, anche se la sua ombra è persistente in quasi tutto il romanzo, soprattutto nella seconda parte, quando Emil ormai adulto vuole scoprire di più sul quel padre scomparso prematuramente.

Molto interessante è la figura di Markus Kuhn, fratello di Agathe. L’uomo vive a Berlino, è un nazista convinto, fanatico al limite della demenza. Conclusa la guerra vive un periodo della sua vita recluso, e appena libero è un uomo finito, sconfitto. Conosce  Gunther Graf, maestro restauratore, che sarà la sua salvezza e pianterà le basi, inconsapevolmente, anche per il futuro del piccolo Emil. Gunter è un uomo che ha un grande attaccamento al lavoro, con una fiducia illimitata nel genere umano, vitale, quasi all’inverosimile, disponibile, bonario e tollerante, con una grande filosofia che trasporta sul lavoro: all’irrimediabile c’è sempre rimedio. Proprio per questa caratteristiche umane Gunter riesce a vincere sul senso di sconfitta di Markus, che risana le sue ferite. Gunter avrà modo di riassaporare il piacere di avere una famiglia e Markus sentirà di essere, finalmente, a casa. Nel 1957 Gunter muore e lascia la bottega da restauratore a Markus, che diventerà un fine maestro, così come Emil alle porte degli anni duemila.

Quando Emil si trasferisce a Berlino assieme alla madre ha quasi quattro anni e il primo impatto con la città è quello che avrebbe ogni bambino che è sempre vissuto in un piccolo paese: la metropolitana buia e scura è la prima cosa che vede ed ha quasi paura, ma poi la luce di una piazza immensa lo meraviglia:

Emil si strinse nelle spalle: non aveva niente da dire. La verità era che quell’uomo, così alto e così imponente, per qualche strana ragione lo rendeva diffidente. Sembrava cordiale, sembrava pronto a volergli bene, ma lui non gli aveva chiesto il suo bene, anche perché non era certo di poterlo ricambiare. Iniziò però a rivalutarlo quando, prese le valigie, guidò la piccola comitiva verso una serie di scale che scendevano nei sotterranei della stazione. C’erano così tante scale che si aveva la sensazione di scendere verso il centro della terra. Ma la cosa più sorprendente stava nel numero di persone che, proprio come loro, scendevano verso il centro della terra, e nel numero ancor più consistente di quelle che dal centro della terra tornavano alla luce. […] E quando, più tardi, tornò alla luce proprio al centro di una piazza immensa, una piazza di cui non si vedeva la fine, – era Alexanderplatz -, e suo zio lo prese per mano e lo condusse fino ai piedi della Fernsehturm , una torre altissima, tanto alta che sfiorava il cielo e che pareva avesse una stella incastonata sulla punta, gli strinse con forza la mano che teneva la sua come per rinsaldare un legame che, di fronte a quell’immensità, temeva di perdere.

Emil, dunque, cresce prima in una Berlino che è ancora sotto il controllo della Stasi, ma che lo tocca appena, e poi in una città che crede nella riunificazione dei due stati, ma che di fatto non era una città in cui si stava così bene.

Markus, intanto, si dedica solo al lavoro e alla famiglia, rimanendo in disparte ad osservare, cosa che non avrebbe mai fatto prima di aver vissuto con la sorella e il nipote. Muore un anno prima di vedere suo nipote diplomarsi in Maestro restauratore.

Emil diventa un famoso gallerista, cambia casa, conosce anche l’amore: Christine, una ragazza che ha sofferto per l’abbandono del padre. Tra i due nasce un sentimento abbastanza forte, tanto che lei ritrova la leggerezza della gioventù. A quel punto Emil è completamente realizzato, ma gli manca ancora una cosa: conoscere suo padre attraverso i ricordi di chi veramente lo ha conosciuto e il motivo per cui è stato ucciso.

«Sono venuto in cerca di risposte, ma vi spiegherò domani, a casa della mamma. Oh Gerdi, e pure tu Karla, ma davvero pensavate che mi fossi messo nei guai? State pure tranquille, nessun guaio. A Berlino tutto procede come meglio non potrebbe ed è facile che, quando ci rivedremo per Natale, porti con me una ragazza.»

il grande protagonista di questo romanzo è anche la Storia, e di rimando lo sono la Germania, la seconda guerra mondiale, i bombardamenti, lo scenario di sofferenza e di dolore, la caduta del Muro, l’unificazione di due stati, ma sopra ogni cosa:

la verità, a volte, non ha il sapore che ci si aspetta.

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Xo Xo Rita Angelelli