Ho cambiato posizione

Per chi mi conosce come scrittrice di romanzi erotici l’articolo che segue potrebbe contenere una vera e propria provocazione e, molto probabilmente, si sono messi alla lettura aspettandosi evoluzioni erotiche (e involuzioni prosaiche, tanto per citare quasi al completo il titolo del manuale più divertente dell’anno). Per chi non mi conosce… spero di avervi incuriosito quanto basta per proseguire nella lettura e arrivare fino alla fine di questo articolo.

Ho cambiato posizione. No. Non è il contenuto di uno dei miei racconti erotici o di un romanzo. Non è nemmeno il cambiamento di una mia ipotetica posizione nei confronti dell’editoria e di ciò che a essa è collegato, se stavate pensando a questo.

Sono sempre l’Editore con @@ girate.

Il cambio di posizione è molto più semplice di quello che sembra: ho cambiato posizione al mio ufficio – prima era in una stanzetta ristretta con un milione di cose e nel completo caos – e da stamattina occupo una stanza di quasi 70 mq che da una parte dà sul mio giardino e dall’altra sull’ingresso dell’appartamento. Ho una visione netta di ciò che succede all’esterno: in giardino viaggiano incontrastati, nonostante la pioggia, gatti e gattini, e il mio cane non fa altro che seguirli, da dentro, e abbaiare; sulla strada che sta a ridosso dell’ingresso c’è il nulla assoluto. Eh, sono in campagna, oggi piove, il decespugliatore del vicino è spento e gli animali della fattoria, che sta a qualche centinaio di metri da me, sembrano abbastanza tranquilli, persino il pavone!

La stanza è confortevole e ha tutte le cose al posto giusto, ho persino la macchina del caffè sempre accesa e pronta all’uso. Dovrei stare come una Dea, eppure c’è sempre quel qualcosa che mi irrita. E si sa: non sono una brava persona.

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Mi sono svegliata prestissimo, pensando alla nuova posizione, pronta a mettermi al lavoro con tanta buona volontà. Ero pure sorridente stamattina, poi la curva delle labbra è andata via via appiattendosi per via di alcuni scambi di commenti con sedicenti autori e scrittori. Sedicenti perché ogni volta che commentano mi viene da pensare che con la scrittura abbiano poco a che fare. Forse è solo una mia impressione, mi dico, e in quanto tale analizzo ogni parola che viene scritta, così da confutare il mio primo pensiero (sedicente autore) e fare un passo indietro. Lo ritengo necessario per dare un’opportunità di parola a tutti, magari qualcuno mi risparmia banalità. Magari! Invece, alcuni, li vorrei sgozzare (mi sento tanto Ragnar Lothbrock, Vikings, ndr).

Purtroppo spesso torno sulla prima impressione: sedicente autore.

Il fatto di oggi è questo: io sono sui social con il mio nome e cognome, ci metto la faccia (e tanto altro), e c’è gente (il sedicente autore, nella fattispecie) che si presenta a me e agli altri solo con un nick name. Ce ne sono una moltitudine  sui social, lo so. Ma se tu nick accusi me (editore) di averti trattato male, dicendo che sono fumantina (lo sono veramente, ma dipende sempre dalla situazione e da come ti rapporti con me) dovresti metterci la faccia e farti riconoscere, altrimenti le tue chiacchiere stanno a zero per me. Purtroppo non stanno a zero per le persone che seguono la discussione, solitamente autori pronti a puntare il dito verso gli editori, pensando che siamo sul mercato solo per fregare la gente.

Non facciamo di tutta un’erba un fascio, miei cari autori, cerchiamo di distinguere tra editori ed Editori e, soprattutto, prima di parlare cercate di analizzare per bene ogni parola, ogni comportamento, ogni idea e spiegazione. Pretendere che si cambi un contratto editoriale perché a voi fa comodo così non sta nelle nostre corde. Se ne discute, si cerca di arrivare a un compromesso, ma se le richieste sono troppe e in netto contrasto con la nostra politica editoriale,mi dispiace, ma non ci siamo. In fin dei conti se il contratto è stato fatto in quella maniera, una ragione c’è. Chiedete e vi sarà risposto. Proponete cambiamenti fattibili e vi saranno concessi. Pretendete cambiamenti che rivoluzionano il contratto e riceverete solo picche.

Il sedicente autore, stamattina, ce l’aveva anche con il nostro manuale di scrittura (mio e di Maria Grazia Beltrami) Goffaggini erotiche e involuzioni prosaiche e giusto per citarlo e farvi capire dove siamo arrivati con la discussione riporto pari pari le sue parole: manuale di scrittura diffuso da questa casa editrice […] un atteggiamento di intolleranza e un po’ di presa in giro verso gli esordienti che loro considerano non validi (cit). Ora, è vero che il manuale riporta esempi di cattiva scrittura, ma se tu lo avessi letto bene, mio caro sedicente autore, avresti capito che il manuale citato è un manuale serio, dove vengono riportati anche esempi di buona scrittura. L’ironia è qualcosa che tu non capirai mai. Sono convinta, per altro, che

il medico pietoso fa la ferita infetta (citando Mgb che ogni tanto me lo ricorda)

e quindi se non ci pensano gli editori a valutare e pubblicare solo i meritevoli e escludere chi non merita una pubblicazione, spiegando anche il perché nel nostro caso, chi dovrebbe farlo? Dobbiamo per forza prendere tutti quelli che ci inviano manoscritti? E perché quando a rifiutarvi, autori, è una delle grandi c.e. non scrivete rimostranze come quelle che scrivete a noi, dove la risposta più carina a un nostro rifiuto è stata “non avete capito niente del testo” (scritta su un social pubblicamente, tra le altre cose)!? Vi risparmio gli insulti che abbiamo ricevuto, gente. Ma… se siete così bravi, scrittori, rivolgetevi alle grandi case editrici. Non ci cercate!

Eh sì, in questo caso sono fumantina, indisponente, e con le @@ girate, perché oltretutto ai grandi editori tutto è permesso, mentre ai piccoli vengono rigirate anche le pulci, a partire dai contratti.

Ai grandi fanno passare errori orrori, tipo frasi sgrammaticate nei romanzi tradotti (anche in quelli di autori di madrelingua italiana, non crediate sia meglio), mentre ai piccoli editori vengono fatti notare anche i refusi, sottolineati dai “blogger” (pfui) come “molti errori presenti lungo il testo”, piuttosto che “molti refusi”, che è cosa ben diversa. E’ vero, non dovrebbero esserci nemmeno quelli, ma preferiamo che si scriva quello che è e non frasi a effetto (come il mio titolo).

E vogliamo parlare dei blogger che ci contattano per collaborare e poi ci chiedono il materiale bello e pronto da pubblicare senza nemmeno voler leggere il romanzo!? O di quei blogger pronti a scrivere recensioni (tze) stratosferiche super mega brillanti per le loro amate (al femminile, sì) self romance sorvolando sui numerosissimi errori orrori ortografici/grammaticali/sintattici, mentre sembrano pronte con il coltello affilato nel recensire (tze) un romanzo pubblicato da una c.e., piccola come la nostra, in questo caso? Magari solo perché quel mattino si sono alzati con le palle girate e la prima cosa che gli è venuta in mente è stata quella di scrivere una recensione per far colpo su una determinata cerchia di lettori. Come il titolo del mio articolo, praticamente! Un titolo a effetto.

Ora che siete arrivati alla fine vi chiedo? Scrivete nei commenti la prima cosa che avete pensato quando avete letto il titolo. Ve ne sarò riconoscente. Eh eh eh. Se poi volete scrivere anche commenti seri, ben vengano.

Me ne torno a cuccia.

Xo Xo Rita Angelelli