L’editor è una figura fondamentale in una casa editrice.
Riporto un pezzo dell’articolo scritto da uno dei nostri editor: Renato Ghezzi.
L’editor interviene sul manoscritto grezzo, così come fornito dallo scrittore e opera con mano libera e sicura per far sì che il testo possa piacere al potenziale lettore.
Per ottenere questo risultato l’editor opera su due livelli: quello del contenuto e quello dello stile.
La trama regge o ha dei buchi? Le scene sono tutte coerenti e credibili o vi sono delle incongruenze? I personaggi sono fedeli a se stessi dall’inizio alla fine? Se vi sono riferimenti al mondo reale, questi sono esatti? E se non siamo nel mondo reale, quello inventato rispetta la sua coerenza interna? I dialoghi sono realistici e appropriati ai personaggi?
La risposta positiva a queste domande ci assicura di trovarci di fronte a una storia coerente, con dei personaggi coinvolgenti e senza che il lettore esca mai dalla sospensione dell’incredulità.
Sistemati i contenuti, l’editor lavora anche sullo stile, che deve rispettare il genere e deve mantenersi omogeneo lungo tutta l’opera; vanno rimosse stonature quali frasi contorte, ripetizioni, assonanze sgradevoli. I nomi dei personaggi non devono cambiare dall’inizio alla fine, e la stessa cosa vale per la grafia di alcuni termini e per l’uso della punteggiatura. Non si parla tanto della correttezza, quanto dell’uso coerente della punteggiatura. Se un autore tende a usare parecchie virgole e frasi brevi non può, a metà lavoro, passare a periodi lunghissimi senza interpunzioni. A meno che vi siano ottime ragioni.
In tutto ciò, l’editor deve tener presente, da un lato, lo stile dello scrittore e, dall’altro, le aspettative del lettore.
L’editor deve essere in grado di entrare nel modo di scrivere dell’autore, di appropriarsene e mantenerne le caratteristiche positive ma deve anche essere abbastanza spietato da intervenire su quanto di sgradevole si possa presentare. Perché, in definitiva, Il libro va venduto: per essere venduto deve essere messo in condizione di piacere a un eventuale lettore, e per fare ciò deve rispettare delle regole stilistiche ben precise sia nella forma che nel contenuto. In sostanza, lo scrittore deve lavorare per il lettore, non per il proprio ego, e l’editor si deve assicurare che questo accada.
Non si tratta quindi di “tradire” lo scrittore o di uniformare il testo a uno standard commerciale: il compito dell’editor è quello di valorizzare il lavoro dello scrittore, ripulendolo dalle scorie per offrirlo lucido e splendente al lettore.
Ecco! A questo punto credo sia chiaro il concetto l’editor è fondamentale. Aggiungo solo alcuni consigli di altri editor e le risposte che hanno ricevuto da alcuni autori. Così, per sorridere un po’.
1 Impara la “regoletta” della D eufonica. Non è difficile, devi solo ricordarti di scrivere come parli (Il mio è un romanzo storico, ci sta)
2 La sintassi non è una malattia incurabile. Soggetto, verbo, complemento… parte tutto da qui (La mia cifra stilistica diverrà irriconoscibile, mi rovini lo stile)
3 Se una cosa è talmente banale che si può esprimere in poche frasi, non la scrivete in quaranta pagine (il mio libro diventerà di dieci pagine se mi tagli tutto)
4 Cerca in word quante volte hai scritto la stessa frase, e se la trovi per “n” volte inizia a sostituire (è per rimarcare il concetto)
5 Non usare paroloni per “spararti la posa”. Il lettore li troverà stucchevoli e auto celebrativi (è il mio stile, così sono più riconoscibile)
6 Evita l’infodump come la peste (le descrizioni sono necessarie per capire meglio ambientazione e personaggi, se me le togli il lettore avrà ben poco da leggere)
7 Se ti segnalo la punteggiatura non mi mandare la professoressa di italiano cugggina di tua cugggina a segnalarmi che tutte le virgole prima del ma sono degli errori/refusi (ma lei ha studiato, quindi sa come si usa la punteggiatura)
8 E’ non è la stessa cosa di È (…)
9 Il ma dopo un punto fermo non si fa, molto probabilmente la frase funziona anche senza il ma. Provaci. (la frase non ha lo stesso effetto)
10 La consecutio temporum non è un capriccio, ma serve a collocare in modo adeguato la narrazione nel tempo. Se la sbagli, cade tutta l’impalcatura del capoverso o del capitolo o delle bozze (perché hai modificato quel tempo verbale? A me piace così, rende meglio l’idea.)
11 Evita le metafore come la peste, soprattutto quelle autoreferenziali e quelle legate a qualcosa di tuo e solo tuo, per intenderci. (Ma si capisce, come fai a non capirlo? La mia amica mi ha detto che va benissimo)
12 Il possessivo prima delle parti del corpo non è indispensabile: se ti fa male la schiena, è più che probabile che si tratti delle TUA, e non di quella del vicino di casa. Non serve specificarlo! (a volte serve specificare tutto)
13 gli = a lui; le = a lei; loro = a loro (…)
14 poi, poi, poi, poi, poi, poi, poi. Poi basta, no?
15 “girò i suoi occhi intorno alla stanza”, al prossimo che lo scrive credo che farò un disegnino, anzi due. Qualcuno passa in giro i propri occhi alle persone presumibilmente insieme a lui nella stanza, e già siamo sul macabro. per non parlare degli occhi degli altri passati in giro. Chissà che lo shock visivo non abbia effetti duraturi! (lo ha scritto pure xyautorefamosissimoinglese, non posso scriverlo anch’io?) occhio alle traduzioni.
E ricordatevi:l GLI usato per dire A LEI scatena istinti mordaci. L’editor può diventare un animale pericoloso.
Xo Xo
Rita Angelelli
Direttore editoriale di Le Mezzelane Casa Editrice