Che cosa ti spinge a scrivere?
Bazzicando i social per via del mio lavoro mi imbatto, spesso, in post e commenti che parlano di scrittura e di libri. A volte sono interessanti, altre volte meno, come tutte le cose del mondo.
Vi confesso che sono nei gruppi dove ci sono gli scrittori perché spero sempre di trovare qualcosa di geniale, un autore che abbia le idee chiare e che di mestiere voglia fare lo Scrittore con la S maiuscola, quello che vorrebbe “vivere” di scrittura. Un sogno irrealizzabile? Non direi, anche se in Italia sono sempre di meno gli Scrittori veri, quelli che si alzano il mattino (o non dormono la notte come me) e si mettono a scrivere, perché sanno di avere una scadenza con un editore. Un Editore vero però, quello che pubblica senza chiedere un prezzo in cambio, o l’obbligo di acquisto copie, o un contributo per le spese di editing, o ti sottopongono un contratto di crowdfunding (ne parlerò in uno dei prossimi articoli, anche se ho già affrontato questo argomento).
Ultimamente Facebook è un bastardo e sembra conoscermi in maniera profonda, forse più di quanto mi conosco io, tant’è che la home, certi giorni, mi propone solo i post con le domande più o meno imbarazzanti poste da autori e scrittori, o sedicenti tali. Sembra volermi provocare, stuzzicare, l’infame!
Premesso che io non so che tipo di autori/scrittori siano, se facciano sul serio o se scrivano solo per puro diletto, ogni tanto provo a commentare e, siccome non sono una brava persona, li provoco.
Uso spesso l’ironia, che fa parte del mio carattere, qualche volta anche un filo di sarcasmo, e molte volte non vengo capita, e quindi mi disegnano come: cattiva, irriverente, presuntuosa, pretestuosa, egocentrica, invidiosa (chissà poi perché?), maleducata.
Il fatto è che non sono ipocrita. Se una cosa la devo dire vado giù diretta, a mio rischio e pericolo. Condire i commenti di emoticon non sta nelle mie corde, niente bacetti o cuoricini, e forse è per questo motivo che non gradiscono i miei commenti onesti. Non che ne faccia un cruccio, ci mancherebbe, ma qualcuno ci è andato giù pesante. Troppo.
Oggi un certo L.R., che conosco solo per i post che scrive in quel gruppo, aveva postato un piccolo estratto e chiedeva se avesse usato troppi puntini di sospensione. A domanda diretta si risponde con risposta diretta, così che si è beccato un mio “troppi” e niente altro. Lui si è un attimino irritato, forse un po’ risentito per la mancanza di una risposta più completa (la sua idea di risposta), così che siamo arrivati a un piccolo e battibecco. Niente di che, per carità. E la dimostrazione è questo articolo che scrivo con leggerezza, giocando un po’ sulla scrittura e sugli scrittori (o presunti tali).
Di mestiere leggo (e pubblico) e mi sono chiesta più volte quale fosse stata la spinta di alcuni autori per arrivare a scrivere un romanzo, o una silloge, o un saggio, o dei semplici racconti. Un po’ di idee me le ero fatte, valutando decine e decine di manoscritti che arrivano in redazione. Dalla biografia e da come si presentano capisci un sacco di cose, e come dico sempre: la realtà spesso supera la fantasia. Ne cito uno solo, tra quelli arrivati alla c.e., che vince su tutti: dovevo per forza mettere su carta la mia vita e le mie numerose avventure erotiche, qualcuno potrebbe prendere spunto e avere una vita sessuale migliore. A parte il fatto che il testo era “impregnato” di svarioni grammaticali, ortografici e sintattici, le rocambolesche avventure di questo (non so come chiamarlo) erano poco credibili e infarcite di banalità, nonché di posizioni che “levate kamasutra”. Per cui ti fai una risata e passi oltre.
Le risposte che sono arrivate nel gruppo, invece, sono tutte condivisibili e realistiche: c’è chi lo fa perché è convinto di avere qualcosa da dire, chi non può contenere il sacro fuoco dell’arte, chi scrive perché a voce non sarebbe altrettanto incisivo, chi vuole dare voce alla parte più intima del proprio io, chi vuol tramandare ai posteri la propria esistenza, chi deve dare corpo e parole alle proprie fantasie, chi si sogna i personaggi e deve per forza farli rivivere in una pagina, chi non può proprio farne a meno ed è ossessionato dalla scrittura, chi per fuggire dalla noia. Poi è vero, c’è anche chi ha ironizzato e ha dichiarato di scrivere poesie solo per portarsi a letto una donna. Un Bukowski “de ‘noantri”, in pratica (Scrivo poesie solo per portarmi a letto le ragazze, n.d.r.).
E, infine, c’è chi con tutta onestà ha dichiarato che vuole essere letto, condiviso e pure guadagnarci qualcosa. Ecco, in questo caso avrei qualcosa da dire e suggerire: se sei convinto di aver scritto una bella storia, e credi in ciò che hai scritto, non dare in pasto ai leoni dell’editoria il tuo libro, proponi il tuo lavoro alle case editrici serie, non alle stamperie che ti chiedono soldi, non dare spazio alla tua vanità e rimani umile, ridimensiona il tuo ego; accetta i consigli dei professionisti del settore (editor, agenti letterari e correttori di bozze) e presentati alle case editrici nella maniera corretta (oppure pubblica in self).
Qualsiasi altro motivo che vi abbia spinto a scrivere sarebbe degno di essere citato. Qui di spazio, ormai, ne rimane poco. Scrivetelo nei commenti.
Xo Xo Rita Angelelli