Mind Spot
Eccola qua! Sembrò proprio io. Immancabili occhiali, sguardo ferino, labbra serrate, imbronciata come non mai. E’ la mia condizione attuale: incazzata a morte (poi vi spiegherò perché). E poi acqua, cellulare, libri.
La mia scrivania stasera è molto peggio di così. Al solito caos si sono aggiunte non poche cose: la sigaretta elettronica (finalmente ho buttato di nuovo le sigarette) e i liquidi da svapare; l’agenda di Hello Kitty, perché un buontempone mi ha fatto uno scherzo; una scatola di sali minerali, magnesio e potassio nella fattispecie; il calendario della Libera Università dei Cinque Castelli, in maniera da avere sempre presente i miei impegni sociali; trecentocinquantamila lettere di vettura scritte e da compilare; le forbici, perché ogni tanto mi prende lo “schiribizzo” di tagliarmi qualche ciuffo di capelli; una piastrella con su scritto “in vino veritas” (perché devo ricordarmi: in acqua ruggine); e per finire la onnipresente penna Bic in più colori.
Ma veniamo all’incazzatura del momento, l’avevo promesso e ogni promessa è debito. Mi rode! Mi rode tanto, ma proprio tanto. Mi girano le ovaie perché risolvo un problema e ne spuntano altri dieci, risolvo quei dieci buttandomi anima e corpo sul lavoro e per gli autori e arriva lui: ho appena pubblicato un libro con Tizio, ho pagato tot euro per tot copie e sono felice e contento, perché le ho vendute tutte e ci ho guadagnato pure.
Credetemi, non mi sono cadute le braccia perché le ho ben attaccate alle spalle e di solito ho i gomiti ben appoggiati alla scrivania a scrivere e fare quel che devo fare.
Ma che ti cascassero le mutande in una piazza affollata da dimostranti gay inviperiti! Ma si può pagare per pubblicare!? E’ vero che ognuno con i propri soldi fa quello che vuole, ma è anche vero che chiunque, a questo punto, potrebbe scrivere la lista della spesa e pubblicare quella, spacciandola per il bestseller dell’anno. Così! Giusto perché ho voglia di fare lo scrittore e quindi scrivo quello che mi capita (che anche qui, avrei da dirne, eh!). Pagare per pubblicare significa dare in pasto ai leoni la propria dignità; significa foraggiare le stamperie che si travestono da editori; significa alimentare una catena libraria che di per sé fa già acqua da tutte le parti. E per che cosa? Solo per soddisfare il proprio ego e dire a tutti: ho pubblicato un libro, sono uno scrittore!? Ma per favore! Vi state raccontando una favola. L’editoria, quella seria, è un’altra cosa!
E non vi parlo del self publishing, altrimenti alzerei un ginepraio e non ne verrei mai fuori, soprattutto susciterei reazioni incontrollate su un tipo di autrici che non sto qui a nominare. Tuttavia io leggo un sacco di roba dei self publishing perché trovo che molti autori sono bravi e, secondo me, meglio pubblicare in self che pagare qualcuno per farlo.
Però questa ve la voglio dire: leggendo in qua e in là sulla home di Facebook, oggi mi sono imbattuta in un post dove una signora aveva postato “Ho voglia di scrivere un libro. Mi date un’idea da dove partire e qualche suggerimento su come fare. Vorrei scrivere un fantasy alla Fallen e sarebbe il mio primo libro” (qui ci sarebbe pane per i tramisti di Yahoo XD)
Ma che davvero ci si improvvisa così scrittori!? E scusate se rido, ma nei commenti la tipa cadeva dalle nuvole a ogni commento e non conosceva il significato della parola “genuflettersi”. Santo Google, cara signora. C’è sempre Santo Google che soccorre gente come lei. Anche se… sono sicura che non saprebbe che pesci prendere nemmeno lì.
Me ne torno a cuccia!
Xo Xo Rita Angelelli
Direttore Editoriale di Le Mezzelane
Rita sei mitica! Non posso che concordare, mi ritrovo spesso anche io ad avere a che fare con questi elementi, ai quali puntualmente nemmeno più rispondo.
Ogni tanto a me, invece, un commento “sfugge”, perché dei tuttologi e degli “scienziati” dell’editoria potremmo farne tutti volentieri a meno.