Impressioni di lettura – Pennac

Leggere per divertirsi, oltre che per imparare. Questi sono due degli obiettivi che mi sono prefissata da un po’ di tempo. Al di là delle letture che devo affrontare per svolgere al meglio il mio lavoro di Direttore Editoriale di Le Mezzelane, cerco sempre delle letture alternative che mi accompagnino verso la notte, ore nelle quali spesso mi accingo a scrivere qualcosa di mio e dunque ho bisogno di qualcosa che ispiri la mia scrittura e anche di stili consolidati dai quali imparare. Non perché le proposte editoriali che arrivano non siano scritte bene o non abbiano uno stile, ma spesso devo contaminarmi dal lavoro e affrontare le mie storie con serenità, senza pensare ad altro se non ai miei personaggi. Scelgo quasi sempre degli scrittori affini al mio genere, ma molto spesso mi lascio consigliare dagli amici. Questa volta il consiglio arriva da uno scrittore che ha pubblicato con me da pochissimo tempo, e durante un viaggio di ritorno da Roma ho avuto con lui una piacevole conversazione sul cinema e sulla letteratura. Pennac è stata quasi una scelta obbligata. Le parole di Antonio, compagno di viaggio, mi hanno incuriosito a tal punto da prendere uno dei libri della saga di Malaussène la notte stessa in cui ho rimesso i piedi in casa.

Quella che segue non è una vera e propria recensione, ma solo e semplicemente le mie “impressioni di lettura”.

Il Paradiso degli orchi

 

SinossiUn eroe, Malaussène, che come lavoro fa il “capro espiatorio”. Una famiglia disneyana, senza mamme e babbi, con fratellini geniali, sorelle sensitive, una “zia” maschio protettrice di vecchietti, ladri e travestiti brasiliani, una “zia” femmina super-sexy, ritratto irresistibile del giornalismo alla “Actuel”, una misteriosa guardia notturna serba, un cane epilettico. Questa esilarante banda di personaggi indaga su una serie di oscuri attentati, sull’orrore nascosto nel Tempio del benessere, un Grande Magazzino dove scoppiano bombe tra i giocattoli e un Babbo Natale assassino aspetta la prossima vittima. Un’altalena tra divertimento e suspence, tra una Parigi da “Misteri” di Sue e una Parigi post-moderna dove proliferano i piccoli e grandi “orchi” che qualcuno crede estinti. Degli orchi si può ridere o si può tremare. Uno scrittore d’invenzione, un talento fuori delle scuole come Pennac, non ha certo paura di affrontarli con l’arma che lui stesso così definisce nel libro: “l’umorismo, irriducibile espressione dell’etica”. 

Ora, uno che di mestiere fa il “capro espiatorio” è già di per sé originale. E di banalità in questo libro non se ne trovano. Oltre al personaggio principale, Benjamin Malaussène, che ho apprezzato moltissimo, ci sono una serie di personaggi di contorno, ma ognuno con la sua rilevanza: la famiglia, che è composta da altri cinque membri tra fratelli e sorelle più piccoli, ognuno dei quali caratterizzato fin nei minimi particolari, una madre assente persa non si sa dove, ma che ogni tanto compare con un bambino appena sfornato, un padre che non c’è, i colleghi di lavoro, zia Julia, la giornalista che fa le indagini al di là di quelle ufficiali della polizia, e questo cane epilettico con la lingua di fuori e un po’ puzzolente.

Il genere letterario è il giallo, gli ingredienti ci sono tutti, ma personalmente, se dovessi mai ripubblicarlo – sogno che non si avvererà mai, ma lasciatemi sognare – lo metterei di sicuro nella nostra collana “Tra serio e faceto” per via di situazioni grottesche/divertenti, e anche per lo stile dello scrittore. Uno narrazione al fulmicotone, fatta di frasi costruite al minimo dell’indispensabile, con un ritmo incalzante. Una lettura che scorre velocissima all’inseguimento degli innumerevoli colpi di scena e di queste bombe che esplodono un po’ ovunque nei grandi magazzini. Ma anche l’ironia, con la quale sono descritte alcune situazioni e i micro personaggi di contorno, mi hanno fatto amare questo libro, tanto che sono passata subito al seguente “La fata Carabina”, che ho finito di leggere e del quale vi parlerò in un prossimo articolo, e “La passione di Therèse”, in lettura. Una narrazione in prima persona da punto di vista di Benjamin Malaussène.

Insomma, una lettura divertente. Proprio quello che cercavo.

Solo una nota dolente (forse due…), ma è una mia personale fissa verso le parentesi lungo la narrazione: ne troviamo tantissime, all’interno delle quali Pennac scrive i pensieri di Ben, frasi che forse anche lo stesso Ben avrebbe voluto esprimere a voce alta, ma che in effetti Pennac le racchiude in quelle parentesi, imprigionate, contenute. E poi qualche dialogo con il nome di chi parla all’inizio della frase. Quelli davvero non mi sono piaciuti, avrei preferito un dialogo stretto e incalzante, tanto avrei capito comunque chi fosse stato a parlare.

Alla prossima…

Xo Xo Rita Angelelli