La depressione e la scrittura

Ci sono giorni, momenti, in cui sento di essere incatenata e qualcuno che mi tira per le catene e mi fa sprofondare nel buio. Combatto contro una paura pulsante che mi trascina nella disperazione più cruda, con il cuore che batte come un tamburo stonato. Non riesco a uscire, nemmeno a muovermi a volte. Sono intrappolata nella depressione.

Cinque anni fa ero proprio in questo stato e non riuscivo a venirne fuori. Ci sono riuscita solo attraverso la scrittura.

Depressione e ansia: un ciclo senza fine!

Alcune persone la fanno facile, dicendo: basta smettere di essere ansiosi o depressi, che ci vuole? Non capiscono che non ci si può semplicemente scrollarsi di dosso la depressione. Se avessi potuto farlo lo avrei fatto subito. Perché soffrire se fosse stato facile sbarazzarsi dell’ansia!?

Non è stato per niente facile, ma la scrittura mi ha aiutato molto, anche se soffrivo a ogni parola scritta. Ogni volta che mi mettevo al computer o prendevo la penna in mano pensavo a quello che volevo scrivere, ma sentivo sempre qualcuno accanto, come un ladro nella notte che mi accoltellava con i dubbi: “Che cosa fai? Non ne abbiamo già parlato? Non sei una scrittrice!”. Una voce che mi derideva, che rideva del mio dolore e della mia angoscia, mentre coccolavo le mie ferite e cercavo di riprendere un cammino. Ogni pensiero aggiungeva un peso alla mia anima già ingombrante. Sforzarsi di risalire la china era sempre troppo complicato.

Non c’era solo la mia voce interiore a deridermi, ma anche l’ansia e la depressione che mi ballavano intorno, saltellando con quel ghigno irriverente. Dentro di me tutto voleva rinunciare, cedere al peso del dolore. Eppure c’era quella scintilla nel mio cuore che mi faceva ancora vivere. Mi sono concentrata su di esso e arrancando,  un passo dopo l’altro, ho buttato giù parole.

Chiunque sia stato colpito dalla depressione conosce il ciclo: ti trovi in un baratro e tenti di risalire, sali e scendi di nuovo. Un ciclo infinito di dubbi paralizzanti, di paure, di disperazione. Eppure siamo vivi, forse dei sopravvissuti.

Alcuni giorni è difficile mangiare, altri è difficile svegliarsi, altri ancora è difficile andare a letto… figuratevi scrivere. Vivi con le imperfezioni che ti sei forgiata addosso, con le assenze, con il mal di vivere.

Il dolore è potente. Ci rompe, ci abbatte, lasciando dietro di sé le emozioni a brandelli e i sogni triturati. E’ difficile da affrontare; è più facile crogiolarsi nel buio e lontano da tutti, nascosti nella propria anima. Abbiamo anche provato a sorridere, qualche volta, ma il peso interiore non te lo toglie nemmeno un sorriso.

Era la mia condizione normale: mi trascinavo tra depressione e ansia, che mi feriva con il suo coltello affilato e mi convinceva ad annichilirmi.

Tuttavia, almeno per me, la scrittura è stata quella molla che mi ha fatto tornare a vivere veramente. L’unica cosa che poteva interrompere il ciclo di “salire dal baratro e poi scenderci di nuovo”. Non sapevo mai che cosa stava per uscire quando iniziavo a scrivere, e proprio la prima parola era quella più difficile. Le prime volte era solo dolore, un sanguinamento continuo delle ferite che mi portavo addosso. Lasciavo fluire le parole, ma poi mi rifiutavo di tornare a guardarle. Non condividevo i miei pensieri con nessuno, dovevo solo vomitare i miei dubbi, le mie paure, la mia ansia su una pagina. Solo in quella maniera ho potuto iniziare a contrastarle.

Aprivo una pagina vuota e  la paura di veder scritto quello che mi dava il tormento  mi faceva fare un passo indietro. Il dolore è stato più forte della paura, però, e con le dita tremolanti iniziavo a scrivere, rapida, con frasi senza senso, a volte, parole slegate, mentre le lacrime scorrevano sul viso. Stavo così bene, per assurdo! La rabbia, la frustrazione, la sofferenza uscivano da me per andare riempire la pagina di word, mentre la mente respirava aria di libertà. Avevo ripreso il controllo della mia vita.

Il frutto di tutto questo scrivere sono stati una serie di diari. Nel libro “Salve amici della notte, sono Porzia Romano” alcuni stralci dal mio diario e una denuncia alla mala sanità.

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Ringrazio Gaia Cicaloni Designer per la copertina e Maria Grazia Beltrami per l’editing.